domenica 15 marzo 2009

CAPITANI DI VENTURA : ARCIMBALDO DI ABZAT E IL CASTELLO GAZELLI ( ROSSANA - CN )

CAPITANI DI VENTURA

ARCIMBALDO DI ABZAT (ARCHIMBALDO DI ASBAC)

é venuto fra noi dalla Guascogna e aveva al suo comando cento uomini di ventura col titolo di capitano.Si chiamava Arcimbaldo di Abzat.Questi avventurieri passavano di terra in terra,di padrone in padrone, al soldo di chi meglio li pagava.Costui un giorno, fingendo di visitare il Feudatario di Centallo,lo fece imprigionare a tradimento insieme con Onorato Lascaris Conte di Tenda,suo ospite. Estorta loro una buona somma di denaro, li consegnò a Ludovico Duca di Savoia.Saputo il fatto inaudito,Roberto Re di Napoli li fece prontamente liberare da Francesco Sforza Duca di Milano,e costrinse il duca di Savoia a restituire il maltolto. Alla pronta restituzione meglio contribui un "breve"molto energico di papa Callisto III a Ludovico di Savoia.Poichè erano qui cessate le ostilità tra i vari contendenti, Archimbaldo si trovò disoccupato.Come fare a mantenere i suoi cento uomini? Qui comincia la sua trista vita di masnadiero.Occupò con la forza il castello di Rossana e vi si fortificò.Da qui sbucava per le sue predaci scorrerie.Stabili anche agguati nei boschi del Garbino (Centallo),questo bosco venne chiamato dei Centoladri ,e si favoleggia che il nome Centallo (cuneo) derivasse da Cento Ladri . Finchè cadde nelle mani delle genti d'arme del Duca Ludovico di Savoia e fu impiccato.Questo nel 1458.
da: CENTALLO (Monografia Storico -Descrittiva) C. PRANDI
( A Torino,sotto Lodovico,e data la presenza del compositore fiammingoGuillaume Dufay.)

GUARDA ANCHE : http://www.youtube.com/watch?v=0plWQBYYIEU

venerdì 13 marzo 2009

LA TORRE DEI SARACENI -Garessio (alta valle tanaro)


Gli Arabi,dopo aver invaso la Spagna conservarono ancora per qualche secolo una potenza espansiva molto elevata, e ci era voluta la capacità guerriera dei Franchi per fermarli.
Carlo Martello li sconfisse duramente a POITERS NEL 732.
Ai saraceni restava però libera o quasi la via del mare e delle coste,
(anche se contrastate dalle nostre prime Repubbliche Marinare).
Un forte nucleo di Saraceni ,proveniente dalla Spagna, nel 888,
si era arroccato a Frassineto (presso Tolone) e di qui organizzavano
le loro scorrerie in tutta la zona circostanze.Provenza,Delfinato,Vallata del Rodano fino in Svizzera, ma anche in Piemonte ed in Liguria.
Tra Ormea e Garessio abbiamo la Torre dei Saraceni e la Barma del Messire.
Alcuni dei nostri antichi castelli caddero in mano dei Saraceni (Bagnasco, Cosseria) Altri vennero
distrutti o resi inabitabili (Murialdo Millesimo).Nel 926,i Saraceni dopo aver desolato tutta la valle del Susa,arrivarono fino a Torino.
Nel 935 distrussero Bredolo ed Auriate,presso Cuneo,ed arrivarono fino ad Acqui,
stabilendosi anche nel basso Monferrato ed in altre zone delle langhe.Nel 942 Ugo re d'Italia li sconfisse ad Acqui e pochi anni dopo il Grande Aleramo riduceva a mal partito
i presidi arabi di Bagnasco e Cosseria.
La torre dei Saraceni alta 9 metri,con un diametro di 3 metri vi si penetra per una rottura aperta verso ovest.
Nella primitiva dimensione la Torre misurava 27 metri con 9 piani e con le feritoie.La tradizione narra che di lassù i barbari piombavano sugli infelici passeggieri che si avventuravano
fra quei luoghi silvestri e romiti.
"La strada si stende colà tutta lungo il Tanaro sonante fra le creste dei monti che culminano nel Galero da una parte e nell'Antorotto dall'altra :
il paesaggio è rude, roccioso e persino la strada pare scavata per miracolo.
I castagni ergono le loro fronde fin sulle cime, e da qualche valletta freschissima come quella di Villarchiosso scendono fili di acqua sorgiva.
Ad una svolta improvvisa s'erge davanti al passeggero una torre rotonda e mozza
che pare scesa dal cielo e posata prodigiosamente sullo sprone della roccia."
RACCONTA UNA LEGGENDA...
"Erano i tempi della invasione dei saraceni,che dall'Africa Settentrionale e dalle isole del mediterraneo si spinsero,
nel IX secolo,fino presso Nizza,attraversando poi anche le Alpi Marittime,per fare scorrerie lungo le valli piemontesi.
Nel 906 devastarono Mondovi Breo, e si stabilirono, con qualche nucleo di avanguardia, nella valle del Tanaro.
La leggenda vuole che, appunto entro la torre mozza,rimasta in piedi fra Garessio ed Ormea, uno di questi nuclei si fosse asserragliato come un falco nel nido,pronto sempre a scagliarsi
sulle tenere colombe.
La torre aveva una sola entrata dalla parte sopra il precipizio,ed il passaggio era cosi stretto da concedere il "via" non più che ad una persona alla volta.
I saraceni quando uscivano per devastare e rubare,
lasciavano uno solo dei loro nella torre per farvi buona guardia.Al ritorno,prima di rientrare, facevano un segnale convenuto,
e ad uno ad uno i sopraggiunti avanzavano poi nel margine del burrone,allungavano la mano,e si
introducevano nel fortilizio,descrivendo col corpo un cerchio sul baratro.
Vi era nel villaggio di Barchi un giovane che stanco di queste scorrerie decise di porre fine
a questi soprusi. Cominciò a spiare le uscite dei masnadieri e il loro ritorno,
cosi che , capito il sistema adottato dai saraceni passò all'azione.
Era l'alba il giovane sali verso la torre mozza,
i saraceni uscirono tutti per le loro scorrerie, uno solo resto a guardia, cosi che dopo aver atteso
per gran parte della giornata fece il segnale s'avanzò verso il burrone,afferrò la mano sporta dal masnadiero di guardia
e fu presto nel covo. Una breve,singolare tenzone e la vittoria rimase al giovane: un primo cadavere cadde,rotolando nel precipizio.
Più tardi, mentre scendevano già le cupe ombre della sera, i Saraceni tornarono davvero, fecero il segnale,
ne ebbero risposta, e ad uno ad uno si avanzarono per il solito passaggio sul burrone.
Una mano si protese,ed essi confidenti vi si afferrarono,
ma ad uno ad uno, invece che introdotti nella torre, furono precipitati nel burrone:
la grande altezza, il rumore del Tanaro sonante,il buio della notte non permisero ai Saraceni di accorgersi dell'atroce scherzo che loro aveva preparato il giovane con tanta scaltrezza.
Il giovane divenne un eroe e i valligiani per prudenza,caso mai distrutti i primi non avessero da venirne dei secondi,pensarono di distruggere l'infausto covo, appollaiato sulla roccia,
e demolirono in parte la torre lasciandola mozza,scoperchiata ed innocua quale oggi la si vede.
(da :Storie e racconti della val Bormida e del Ponente G.L. SCAVINO)